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seguendo il cliente tanto nella fase di comprensione e inquadramento della vicenda quanto nei suoi diversi scenari di sviluppo.
L’Avv. Simone Padovani assiste i propri clienti nelle media-conciliazioni, nelle negoziazioni stragiudiziali,
nella gestione quotidiana dei servizi giuridici all’impresa,
noochè nei processi presso le Corti di primo e secondo grado, in Corte di Cassazione e nelle altre Giurisdizioni Superiori.
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Caso di malasanità – Errore chirurgico
Si è rivolta presso il mio studio una ragazza di circa trent’anni di nome Francesca che, non contenta di quanto vedeva riflesso nello specchio, decideva di sottoporsi ad un operazione di aumento del seno, cd. “mastoplastica additiva bilaterale”.
Infatti, nonostante le sue capacità economiche non fossero così floride da affrontare una spesa di tal natura, decise di sottoscrivere un finanziamento che coprisse le spese dell’intervento di chirurgia plastica.
Finalmente, dopo aver espletato le pratiche “amministrative” nonché la sottoscrizione del cd. “consenso informato” arrivava il tanto temuto giorno dell’operazione.
Con qualche timore Francesca entrava in sala operatoria per sottoporsi all’intervento chirurgico che, una volta terminato, sembrava essere stato correttamente praticato.
Senonchè, durante la degenza, dalle incisioni effettuate dal medico per inserire le protesi si notava un’infezione con fuoriuscita di siero che, nonostante la prescrizione di un antibiotico, a distanza di tempo, non diminuiva.
Lo spurgo di siero dalle ferite, con alta probabilità, era dipeso da un’infezione contratta durante l’operazione per una carente disinfezione del campo chirurgico.
Infatti, successivamente alle visite post-operatorie alle quali Francesca pazientemente si sottoponeva, la problematica non si attenuava. Ed anzi, nonostante il chirurgo rassicurasse la paziente senza intervenire, il quadro clinico peggiorava sin tanto che Francesca, ritrovandosi con un seno sempre più indurito e dolente si recava al Pronto Soccorso.
Non appenda fu visitata i sanitari dell’Ospedale decisero di asportare, senza indugi, le protesi mammarie procedendo con una pulizia delle “tasche protesiche”, avendo riscontrato la cd. “contrattura capsulare” di entrambe le mammelle…
Fu così che, dopo aver tolto le protesi, Francesca restava oltre che con le rate residue del finanziamento da pagare anche con le cicatrici ma, fortunatamente, è riuscita a non farsi sopraffare dagli eventi negativi evitando di farsi deprimere da quanto accadutole e ben determinata a non voler subire oltre all’esito negativo dell’operazione anche quello finanziario.
Si rivolse così presso il mio studio e già all’atto del primo incontro, Le consigliavo di procedere con la richiesta immediata della cartella clinica al fine di poter reperire la documentazione necessaria a far verificare
dal medico-legale quanto effettivamente occorsole prima, durante e dopo l’operazione e valutare gli eventuali profili di responsabilità. Infatti, dopo aver fatto analizzare la documentazione da uno dei medici-legali con cui lo Studio Legale Padovani collabora, lo stesso confermava la responsabilità del chirurgo quantificando, altresì, l’entità del danno provocato a Francesca.
Nonostante la disponibilità del chirurgo plastico il quale, fin da subito, ha indicato gli estremi della propria Assicurazione, non si è riuscito ad addivenire ad una composizione bonaria della vertenza e fu necessario dar corso, inizialmente, alla procedura di Mediazione e successivamente a quella giudiziale.
Durante la vertenza, giunti all’esito dell prove cd. “fase istruttoria” , dalla C.T.U. (Consulenza Tecnica d’Ufficio,
nello specifico la consulenza medico-legale richiesta dal Giudice) scaturiva la responsabilità inizialmente paventata.
Infatti, la carente disinfezione durante l’operazione ha permesso il proliferare di batteri i quali hanno causato l’infezione al seno con la conseguente “contrattura capsulare”.
La presa di coscienza della reale causa dell’infezione ha, quindi, portato il chirurgo e la sua Assicurazione a desistere dal negare l’accaduto e permettendo il raggiungimento di un accordo, con il ristoro di tutti i danni subìti.
Nonostante la contrattura subita Francesca ha potuto reimpiantare delle nuove protesi migliorando alla vista gli esiti del primo impianto ottenendo oltre che l’effetto estetico sperato la refusione delle spese sostenute ed il risarcimento del danno.
Caso di malasanità – Errata diagnosi
Si è rivolto presso il mio studio un signore di 45 anni, di nome Alberto. Alberto è un padre di famiglia che nel ritagli di tempo libero è solito dedicarsi alla sua passione il “running”. Solamente che, un giorno, durante una delle sue uscite, suo malgrado, inciampava e cadendo a terra sbatteva violentemente il braccio.
Non potendo proseguire oltre, stante la rovinosa caduta, tornava a casa, ma i dolori lancinanti al braccio non gli davano tregua e fu così che si rivolse al Pronto Soccorso del vicino Ospedale, dove il sospetto era di una possibile frattura. Nonostante venisse inviato al reparto di radiologia per sottoporsi ai RX al braccio sx, il referto radiologico smentiva il sospetto diagnostico, riportando la mancanza di fratture.
Di fatto, non essendo stata refertata la frattura il medico gli prescriveva “solamente” degli antidolorifici ed un riposo di 8 gg. Senonchè i giorni a venire, soprattutto nottetempo, le fitte ed i dolori al braccio diventarono insopportabili e, dopo alcune notti insonni, Alberto decise di ripresentarsi al Pronto Soccorso seppur di un diverso Ospedale.
Fu così che veniva sottoposto nuovamente ad indagini radiografiche dalle quali scaturiva l’esito di frattura del capitello radiale contenuta con l’ingessatura dell’arto per poi essere rispedito a casa con una prognosi di 22 gg..
Una volta asportato il “gesso” Alberto si dovette sottoporre a sedute di fisioterapia con una durata maggiore della media
stante che l’errata diagnosi gli ha causato un ritardo della guarigione.
In questo caso l’intervento dello Studio Legale Padovani ha permesso ad Alberto la refusione di tutte le spese inerenti e conseguenti la frattura oltre al risarcimento di €. 8.500 alla luce dell’errata diagnosi.
Sotto il profilo tecnico, le sole visite medico-legali non hanno sgomberato il campo da alcune perplessità in ordine alla componente di danno, e quindi, una volta arenatisi le trattative stragiudiziali, si è proceduto con il deposito di una richiesta al Tribunale competente di un Accertamento Tecnico Preventivo il cd. “ATP”.
Pertanto, il Giudice ha provveduto con la nomina di un Consulente Tecnico di Ufficio cd. CTU, il quale ha redatto un parere tecnico sulla base del quale lo Studio Legale Padovani in contraddittorio con la Compagnia Assicurativa dell’Asl è stato in grado di definire il danno con il risarcimento dei danni patiti da Alberto.
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